HIGH INTENSITY INTERVAL TRAINING ESTREMO

HIGH INTENSITY INTERVAL TRAINING ESTREMO 30-20-10

HIIT o HIGH INTENSITY INTERVAL TRAINING

“Sono veramente euforico” recitava un adagio di un piazzista che cercava di dirti quanto si è arricchito con poca fatica e pochissimo tempo.

Ecco, io sono veramente STANCO, mi sono fatto un sedere a strisce a girare mezza Italia a far conoscere l’ alta intensità a chi fino a qualche minuto priva diceva di allenarsi con high intensity interval training o HIIT regolarmente. A quanto pare non è servito a molto: non posso “salvarli” tutti (sono un po’ megalomane lo so).

 

Ogni volta che si parla di “cardio si” o “cardio no” alla fine o distante dall’ allenamento, all’ interno comunque della propria programmazione (e anche, diciamocelo, per apparire “studiati”) salta fuori un acronimo: HIIT (High Intensity Interval Training).

Questo però non vuole essere un articolo sull’ high intensity interval training, troppi ne sono stati scritti e troppi ne verranno ancora scritti e spesso da persone molto più esaustive di me, sull’ argomento

(vedi tra tutti uno dei miei più cari amici e mentori Gian Mario Migliaccio Ph.D.)

 

 

 


Voglio però darvi una piccola idea su come poter strutturare un High Intensity Interval Training divertente, efficace, e che vi faccia conoscere quello che è realmente l’alta intensità, anche a chi si è scaricato tutte le fantastiche tabelle che si trovano con protocolli intervallati dalla sicura efficacia

“Le tabelle sono utili solo a Natale con dei fagioli sopra” (cit. Me medesimo)

Si, perchè quando si parla di HIIT ci si focalizza sul gioco dei ritmi di andatura (solitamente corsa, ma lo si può effettuare con qualsiasi altro macchinario con movimento CICLICO)

Perché c’è chi pensa che l’HIIT sia soltanto andare più forte, andare più piano, andare più forte, andare più piano.. non è così. E SMETTETELA di perpetrare in questo errore madornale.

I giochi di ritmo sono una cosa (vedi per esempio il Fartlek, di cui poi parlerò in un altro articolo), l’ intervallo tipico di un protocollo HIIT riguarda l’ intensità e NON il tempo di esecuzione, tantomeno la SOLA parte attiva, quando il recupero, se lo cambiassimo da ATTIVO a PASSIVO, già i risultati potrebbero modificarsi in maniera piuttosto evidente.

E non è neanche detto che si vada solo in 2 direzioni (alta intensità, bassa intensità): gli intervalli possono essere alternati, possono essere incrementali, possono essere come ci pare, pur stando all’ interno del protocollo (codificato tra i circa 800 esistenti) che noi vogliamo fare.

Da dove si parte?

C’è una cosa che insegnano nelle Università di Medicina che ha del profondo:
“Quando senti in lontananza rumore di zoccoli, pensa sempre inizialmente al cavallo”.
Oggi invece con lo tsunami di informazioni che abbiamo a disposizione, un po’ per confusione, un po’ (diciamocelo) per ego, si pensa sempre in prima battuta alla ZEBRA, perchè “complicato è meglio” (e se ci azzecco sono un eroe).

Di ricerche sulle varie metodiche di high intensity interval trainingce ne sono circa 800, questo numero enorme sta a significare che, se l’ HIIT fosse 1 e solo 1….perché i ricercatori continuano a studiarlo? è quello! STOP! non serve approfondire.


Invece anno dopo anno, nuove metodiche vengono affinate, riproposte e osservate e la variabile comune a tutti è una e solo una: L’ OBIETTIVO.

Si parte da quello per QUALSIASI mesociclo contenente (o di solo) un high intensity interval training.
Quindi, quando vedete le famose tabelle, infografiche, affermazioni autoritarie di “si fa così” senza leggere da nessuna parte l’ obiettivo (“dimagrire” non basta….nceprovate!!) dubitate.

Se non sai dove vuoi arrivare, come pretendi di iniziare un viaggio?

Anzi, prima di parlare (o approfondire)  qualsiasi protocollo di High Intensity Interval Training, eccovi un vademecum su 6 regole da considerare:

 

Prima regola: OBIETTIVO
Non sto a ripetervi che prima di affrontare un high intensity interval training la prima domanda è “che tipo di adattamento cerco? centrale? periferico? sistemico? enzimi glicolitici? trasportatori di membrana? ecc…….”
Farlo solo perchè si suda non è da ricercare, meglio le fasce in neoprene da applicare sulla panza e sperare che quel sudore sia grasso.

 

Seconda regola-a: L’ INTENSITÀ
Ogni allenamento high intensity interval training che si rispetti richiede una certa intensità. L’ intensità deve essere riferita al soggetto che lo pratica, e può essere relativa alla frequenza cardiaca massima, al proprio massimale sollevato, alla pedalata, a tutti quei marker performativi che identificano il dato da MIGLIORARE.

Seconda regola-b: PERMESSO
Proprio perchè l’ intensità dell’ atleta è il primo dato su cui dover lavorare, CHIUNQUE (con visita medica agonistica, mi raccomando) può affrontare un high intensity interval training. Anzi, i totali neofiti avranno molti più vantaggi a valanga, cosa che in atleti navigati sono veramente marginali e quasi impercettibili se non a occhio esperto e navigato (ovviamente più di loro)

 

Terza regola: COSA NON ASPETTARMI
Con l’ high intensity interval training anche se in giro potreste leggere il contrario NON si allena la velocità. L’ HIIT non comprende stimolazioni ad adattamenti sul sistema anaerobico alattacido. Un qualche minimo di CP viene utilizzata (ricordatevi che i sistemi energetici non lavorano mai a camera stagna) ma non considerevolmente tale da venir migliorata la sua riconversione all’ interno della cellula muscolare. Un sistema per essere allenato e quindi affinchè si adatti, va messo in crisi e non è questo il caso.
Per allenarlo, ci sono i vari protocolli SIT (sprint interval training) argomento che ho già trattato in questo video

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Sono sempre allenamenti intervallati, sempre molto intensi ma nella catalogazione scientifica non troverete mai tali allenamenti con la dicitura HIIT

 

Quarta regola: RECUPERO
Qua spesso casca l’ asino. Il recupero ha 2 riferimenti:
1) l’ intensità della parte “attiva”. Nei recuperi ATTIVI questo dato ci permette di relazionare l’ intensità della parte “blanda”. Ovviamente se il recupero è PASSIVO si sta fermi immobili cercando di recuperare (appunto). Già da qui la “diceria” che l’ HIIT abbia SOLO recuperi o passivi o attivi, capite da soli che è una falsità che, chi non studia, potrebbe risparmiarsi.
2) la durata della parte “attiva”. Questo dato ci permette poi di modulare la progressione da effettuare, proprio sul recupero e non sulle ripetizioni (alcuni protocolli prevedono una prima fase di 1:8 fino ad arrivare a 1:4-1:2)

 

Quinta regola: PROGRESSIONE
Settimana dopo settimana si può (anzi, si DEVE) agire su:
1) numero di serie
2) rapporto tra parte attiva e recupero
3) durata recupero
4) intensità crescente del recupero
5) sedute settimanali
ecc…..
La scelta di progressione cambia da protocollo a protocollo, a seconda dell’ obiettivo che abbiamo (ma và?)

 

Sesta regola: DURATA ALLENAMENTO
Se l’ adattamento che cerchiamo si risolve in (ipotesi) 12 settimane, l’ allenamento va fatto per 12 settimane. Scontato? Non per tutti. Chi pianifica VINCE. Dai tempi dei greci.

 

Il protocollo che vi propongo con questo articolo, è la rivisitazione di uno abbastanza famoso tra gli addetti ai lavori, e cioè il 30-20-10 o 10-20-30 (lo si può interpretare in entrambi i modi) di Bangsbo.

Jens Bangsbo: Classe 1957 e un passato da calciatore con all’ attivo oltre 350 partite nella prima divisione danese, oltre ad apparizioni nella nazionale dei giovani e dei grandi, Jens Bangsbo si è poi affermato nella sua seconda vita calcistica come uno dei massimi esperti internazionali di scienza applicata allo sport. Due lauree e una cattedra all’Università di Copenaghen certificano la sua preparazione, che in passato è stata protagonista in tante realtà di primissimo livello nel mondo del calcio. Le sue collaborazioni più conosciute sono quelle con la Juventus di Ancelotti, con l’AEK di Atene e con la Nazionale danese, ma il curriculum è sconfinato e spazia da altri rapporti di lavoro con Ajax, Porto e Liverpool, oltre che da specifiche collaborazioni con campioni del calibro di Cristiano Ronaldo, Iniesta, Tevez, Ronaldinho e Fabregas in collaborazione con la Nike. Durante la sua carriera, ci sono state anche esperienze con Fifa e Uefa. Un vulcano di idee che ha messo anche nero su bianco la sua dottrina con una serie di libri dedicati allo sport: lo “Yo-Yo Test”, molto conosciuto tra gli atleti, è una sua invenzione.

 

30-20-10 che cosa significa?

Questo protocollo è nato per gli sportivi di velocità, dove il focus principale in questo “10”, che in questo caso sono i secondi, è cercare di coprire la maggior distanza possibile, infatti si chiama 30-20-10  perché rappresenta l’intensità da raggiungere: 30, in questo caso sono i secondi, bisognerebbe raggiungere un’intensità pari al 50-60% del nostro massimale, come marker possiamo benissimo prendere la nostra frequenza cardiaca massima; il 20 cominciamo a salire di intensità fino al 75-80% del nostro massimale; e i 10 secondi finali?  ALL-OUT.

Sapete che questa parola mi piace molto, letteralmente “tira tutto fuori”, dovrai dare tutto te stesso in quei 10 secondi.


Bene, l’obiettivo, programmando nella giusta forma un 30″-20″-10″ è cercare di coprire la maggior distanza nei 10 secondi finali. Quindi se il corpo si sta adattando lo vediamo nella distanza che percorriamo in quei 10 secondi.

Ora però non tutti quelli che fanno fitness sono interessati ad andare più veloci, anche se abbiamo visto, nel video del S.I.T., che essere veloci non significa non allenarsi per la composizione corporea, ma poi ci torneremo..

Quindi il 30-20-10 come lo possiamo traslare ad un discorso di allenamento di muscolazione?

Nessun problema! Sempre high intensity interval training è!


Allora, in questo caso 30 diventano ripetizioni, 20 sono ancora ripetizioni e 10 sono ancora ripetizioni. Le regole principali quando adattiamo un protocollo del genere per un obiettivo di composizione corporea sono:

  • Si seleziona un esercizio che vada a colpire o un singolo distretto muscolare o più distretti. Purchè sia suddivisibile in 3 gradi di intensità senza snaturare la biomeccanica dell’ esercizio stesso.
  • Le 30 ripetizioni iniziali saranno dedicati a un’ intensità blanda. La prima serie sarà una sorta di warm-up e nelle serie successive sarà un cool down del “ciclo” appena compiuto, per riprendere i battiti cardiaci basali (o quasi)
  • Le 20 ripetizioni intermedie saranno dedicati a un’intensità media dove cominciamo a pompare tanto sangue nel muscolo che vogliamo allenare.
  • I 10 secondi finali, si eseguirà l’ esercizio all’ intensità più alta che si possa raggiungere e a ROM completo.

Nel 2017/2018 durante il tour del Fit For Life Workshop dove ho toccato ben 20 città in Italia (isole comprese…), ho fatto provare a tutti i corsisti, o almeno a quelli che volevano provarci, questo protocollo promettendo 1000 euro a chi lo avesse portato a buon fine. Bene, queste 1000 euro non le ha prese nessuno, perché lo sapevo.

Ho proposto il 30-20-10 con il burpees, ma si può fare anche con i push-ups, si può fare con le trazioni, si può fare anche con un macchinario, quindi regolare sul proprio massimale la percentuale di carico, si può fare su TUTTO.


Come strutturare le serie

Le serie (come da protocollo originale) saranno 8 così suddivise:

  • 4 serie da 30-20-10 senza pause (quindi 4 circuiti)
  • 60″ di recupero passivo
  • 4 serie da 30-20-10 senza pause (quindi altri 4 circuiti di fila)

 

L’ obiettivo principale è cercare di arrivare all’ottava serie (con ancora l’ anima in corpo sarebbe meglio).

E se sull’esercizio specifico si raggiunge l’ottava serie? Va benissimo: siete allenati!!! (su quel distretto)

Significa allora che da un punto di vista di resistenza lattacida, quel distretto muscolare è molto molto allenato, passate a un altro distretto muscolare.

Durante il tour, è successo in più di un’occasione che le persone non si sono fermate per la mancanza di fiato, ma semplicemente perché, per esempio per il burpees, nelle 30 ripetizioni di squat a corpo libero, si presentava un bruciore immenso alle gambe.

Quindi individuate il distretto che va allenato, ricordatevi come la penso io sull’ allenamento, se una cosa non la sai fare e non riesci a portarla alla fine del protocollo significa che quella cosa la devi allenare ancora di più. Allenarsi è questo, non fare quello che già si sa fare, sennò che allenarsi è?

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BIBLIOGRAFIA:

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